Open Access
Il ridicolo in Platone
Author(s) -
Giovanni Casertano
Publication year - 2020
Publication title -
revista archai
Language(s) - Italian
Resource type - Journals
eISSN - 2179-4960
pISSN - 1984-249X
DOI - 10.14195/1984-249x_30_29
Subject(s) - humanities , philosophy , art
Cos’è che muove al riso? O al sorriso, perché in effetti il verbo γελάω ha ambedue i significati? Perché si rida, o si sorrida, c’è bisogno che ci si trovi insieme ad altri, e coinvolti in una certa situazione che ad un certo punto fa scattare in noi quel tipo di reazione. Questa nota vuol essere un abbozzo di ricerca sulle varie situazioni in cui si ride o si sorride nei dialoghi di Platone. C’è un ridicolo che sorge nell’ambito di una discussione, quando gli interlocutori parlano ognuno per conto suo, senza tener conto di ciò che dice l’altro (p.e. Eutidemo, Gorgia); c’è un ridicolo che sorge involontariamente da una battuta o da un’osservazione di uno degli interlocutori (p.e. Fedro, Fedone); c'è un ridicolo, per così dire soggettivo, che sorge da alcune domande, di Socrate o di un altro interlocutore (p.e. Fedro, Menone, Liside, Protagora); e poi c’è un ridicolo, per così dire oggettivo, che sorge da comportamenti e situazioni particolari (p.e. Repubblica, Simposio). E infine, ci sono interessanti accenni alla natura stessa del ridicolo e alla liceità del suo uso, nelle commedie o negli incontri tra gli uomini (p.e. Filebo, Leggi).