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Nella Divina Commedia, il canto viene rappresentato secondo uno schema che corrisponde a quello della teoria musicale tardomedioevale. Se nell’Inferno non vi è spazio per suoni armoniosi, nel Paradiso regna un’ armonia celeste. Nel Purgatorio la musica può assumere invece forme e significati svariati. Così, il canto liturgico rimanda direttamente alla perfezione del Paradiso: lo mostra chiaramente il contesto del canto di Matelda (Purg. 28). Meno evidente appare inizialmente il significato del canto di Casella (Purg. 2, 112 segg.), che le anime e il viator Dante ascoltano rapite: viene bruscamente interrotto, ma non condannato. Un’analisi più approfondita chiarisce la funzione che musica, arte e poesia svolgono nel Purgatorio: in questo regno mediano, ordinato analogamente al mondo terreno, il canto deve perdere qualsiasi funzione consolatoria: la musica non serve al sollievo, ma unicamente alla purificazione delle anime e assume il posto assegnatole da Dante, che la collega all'infuocato pianeta Marte. La genesi della concezione del Purgatorio e l'idea della »musica coelestis« dovuta a Joannes de Muris, sono contemporanee della Divina Commedia. Così, rispetto alla primitiva concezione cristiana del Purgatorio come »refrigerium interim«, diventa chiaro l'effetto ancora relativamente debole attribuito in questa sede alla musica. Se nel mondo terreno può essere di temporaneo sollievo ai sensi, tale compito viene meno in quella sfera mediana che è il Purgatorio: il vero refrigerio (»ploia«; Par. 14, 27) appartiene soltanto al Paradiso. Tuttavia, il mondo terreno necessita della musica - veritiera -, per offrire un orientamento. La visione onirica della sirena (Purg. 19) esprime invece l'ambivalenza dell’arte, con tutto il suo pericoloso potenziale.

Musik im Zwischenreich. Zur Bedeutung und Funktion von Singen und Gesang im Purgatorio