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Il concetto di fortuna è indissolubilmente legato al problema filosofico- telelogico dell’ordine e della contingenza, già espresso dagli Antichi. Il cristianesimo anziché risolvere l’antagonismo, facendo sparire la contingenza nella divina provvidenza, lo rende ancora più acuto, poiché è proprio il carattere assoluto della provvidenza che costringe l’uomo a concepirsi come contingente. E questa è l’esperienza fondamentale di Dante che, a differenza di Tommaso, non si limita alla contemplazione dell’ordine divino, bensì dà voce alle vicende più intrinsecamente umane. In tal modo egli scopre - non senza inquietudine - lo stato irrimediabilmente inconsistente del mondo terreno, eppur da lui così appassionatamente amato. Secondo la nostra lettura, fedele a Auerbach e Jauss, la Commedia non è un poema teologico, ma apre un campo discorsivo del tutto nuovo che tratta in maniera insolita dell’esistenza umana e lascia trasparire dietro l’edificio scolastico l’angosciosa visione di un mondo soggetto a disordine, decadenza e caos

Der Widerstand der Fortuna: Zur christlichen Deutung einer paganen Allegorie in Dantes Göttlicher Komödie